Morbelli (1853 - 1919)

dal 15.3. 2019 al 16.6.2019

GAM, Milano 

E’ già passato un secolo dalla morte di Angelo Morbelli, un grande artista piemontese che ha vissuto e lavorato a lungo a Milano, rappresentando molti ambienti della città moderna, ma soprattutto alcuni aspetti meno noti della vita del suo tempo, con rara sensibilità e altissima tecnica. Insomma, un artista indimenticato e indimenticabile, a cui la Galleria d’Arte Moderna rende omaggio con una piccola, ma preziosa mostra che racconta, in breve, le tappe più importanti della carriera e il ruolo determinante che il pittore ebbe nella rivoluzione divisionista tra Otto e Novecento. Una mostra senz’altro da vedere per molti motivi.

Il primo motivo riguarda il notevole numero opere esposte, circa trenta, di grande qualità, provenienti dai più importanti musei italiani ed europei, tra cui il Musée d’Orsay di Parigi, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro di Venezia e la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Compaiono anche opere di contemporanei come Bisi, Grubicy, Pellizza da Volpedo e Medardo Rosso, che permettono di confrontare temi e caratteri formali comuni all’ambiente artistico milanese e italiano, nel passaggio dal Realismo alle prime sperimentazioni simboliste e divisioniste.

Il secondo motivo è l’organizzazione “tematica” delle sale che tocca i soggetti più amati dall’artista, alcuni dei quali particolarmente originali, come la serie dedicata agli ospiti del Pio Albergo Trivulzio (l’Istituto più importante della città che ospitava anziani poveri, allestito, dal 1766, all’interno del palazzo del principe Antonio Tolomeo Trivulzio), le opere legate alla maternità e al lavoro delle mondine o alle “Vendute”, i dipinti con l’interno della chiesa di S. Maria dei Miracoli. Diverse tele riprendono lo stesso tema, e ci permettono di cogliere la paziente ed attenta capacità di osservare la vita “ordinaria” delle persone semplici. Esemplare è, naturalmente, la sala che raccoglie alcune delle tele del Poema della vecchiaia, nome con cui l’artista indicò i dipinti che volle esporre alla V Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia nel 1903, frutto dello studio fisico e psicologico –attuato anche mediante fotografie e disegni- di uomini e donne anziani negli ambienti dell’ospizio, nei diversi momenti dell’anno. Morbelli aveva preso in affitto una stanza e vi aveva allestito uno studio già dagli anni ’90, per essere sempre a contatto con la vita di quelle persone, spesso sole o abbandonate, per lo più tristi o rassegnate, che avevano come unico conforto il ricordo dei tempi della giovinezza che scambiavano con i vicini di sedia. Bellissimi sono Mi ricordo quand'ero fanciulla del 1903 e Le Parche del 1904, anche se Il Natale dei rimasti è uno dei dipinti più emotivamente forti, grazie all’applicazione sapiente della tecnica divisionista, in grado di creare un pulviscolo luminoso che tocca appena i banchi, dietro cui siedono in silenzio o addormentati gli ospiti che non hanno parenti con cui trascorrere le feste: lame di luce, in una grande stanza oscura, che rendono più desolante il momento.

Il terzo motivo, non meno importante degli altri, è la possibilità di constatare la qualità, la libertà e varietà di soluzioni formali con cui Morbelli realizza le tele, pennellata dopo pennellata, o meglio, filamento di colore dopo filamento. La sezione dedicata alla figura femminile comprende, ad esempio, alcuni dipinti in cui l’artista si sofferma ad osservare il delicato rapporto tra la madre ed il neonato che le dorme accanto, rubando un momento d’intimità, così come aveva fatto Medardo Rosso nella sua Età dell’oro del 1886, esposta in mostra. In Alba felice, la madre dorme serena, dopo le fatiche del parto, in una penombra azzurra dalle ombre rossastre, rese con ampie, ma sintetiche pennellate, mentre in Maternità una luce mattutina esalta il bianco della camicia da notte e delle lenzuola stropicciate, di cui sentiamo quasi la consistenza materiale, plastica, e tocca appena i volti di madre e figlio ancora addormentati. Diverso è, invece, il modo con cui Morbelli è tornato, a distanza di alcuni anni, su un soggetto particolarmente scabroso, la prostituzione minorile. Venduta! del 1884 ci mostra una giovinetta che spicca, con la sua lunga chioma nera ed il volto pallido, nel letto in cui lenzuola ruvide, rese in modo grossolano, rendono ancora più graffiante l’opera; tredici anni più tardi, in Derelitta vediamo una ragazzina in una situazione simile, ma toccata con delicatezza, quasi pietosamente, da una luce intensa, che la tecnica divisionista fa scorrere lentamente sul suo corpo esile coperto dalle lenzuola.

Se l’originalità di Morbelli si vede soprattutto nei quadri con figure, specie in quelli “corali”, che indagano le relazioni umane fin nel dettaglio, i paesaggi non sono meno interessanti e nuovi, a volte con inquadrature inusuali, come nel bellissimo Le guglie del Duomo del 1901, in cui la mole della cattedrale appare come un’apparizione in grigio dietro i tetti delle case e i fiori primaverili.


 A cura di:

GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.

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