IL BUIO OLTRE LA SIEPE

AUTORE: Harper Lee

EDIZIONI: Feltrinelli Universale Economica

TARGET: dai 13 anni

 

Spesso i ragazzi scelgono un libro in base alla prima impressione: l’aspetto (titolo, copertina, spessore) e l’incipit. Nel nostro caso, l’edizione italiana li attirerebbe subito: innanzitutto, per il titolo, inquietante quanto basta (“Sarà un thriller…?!” ) e poi per l’incipit, che cattura l’attenzione dei ragazzini alludendo ad un incidente occorso ad un loro coetaneo ( ”Jem, mio fratello, aveva quasi tredici anni all’epoca  in cui malamente si ruppe il gomito sinistro”); scopriranno poi di essere di fronte all’anticipazione dell’evento ‘clou’ del romanzo, che da qui si snoda come un lungo flashback fino all’incidente riferito e oltre.                                                 

Il romanzo in realtà non è un thriller, e Jem non è neppure il protagonista, però i lettori non resteranno delusi, anzi, capiranno come mai “To kill a mockingbird” (letteralmente “Uccidere un passero”, nella versione originale) – uscito nel 1960 dalla penna dell’americana Harper Lee e unica sua opera fino alla seconda, e ultima, nel 2015 – abbia riscosso un successo clamoroso, tanto da diventare uno dei libri più letti nelle scuole degli USA e di tutto l’Occidente. 

Chi narra è la protagonista della storia, Scout, che nella finzione letteraria racconta da adulta eventi accaduti quasi trent’anni prima. Nelle prime righe compaiono in scena alcuni tra i personaggi principali: pochi nomi, e pochi accenni al loro peso importante nella storia, ma sufficienti ad incuriosire il lettore: gli Ewell (la causa di tutto), Dill (chi sarà mai, con un nome così strambo?), Boo Radley (uno sempre chiuso in casa? E perché poi?) e nostro padre Atticus (nostro di chi?). La vicenda è ambientata nel periodo della grande depressione, tra il 1933 e il 1935, in una cittadina immaginaria dell’Alabama; qui vive Scout – sei anni all’inizio del libro, orfana di madre – con il fratello Jem di nove, il padre avvocato e Calpurnia, la governante afroamericana, da sempre in famiglia.     

Le piccole avventure quotidiane dei due ragazzini e dell’amico Dill si intrecciano con quelle giudiziarie in cui è coinvolto Atticus in quanto difensore d’ufficio di un giovane di colore, accusato di violenza carnale ai danni di Mayella Ewell, una ragazza bianca figlia di un poco di buono noto a tutti in città.

Nella trama del romanzo, le due linee narrative procedono apparentemente parallele, fino alle ultime pagine in cui un fatto decisivo ci svela il “fil rouge” che teneva insieme il tutto; molti accadimenti hanno infatti un valore figurale rispetto a quanto il finale compiutamente rivela.   Eventi, e anche frasi, battute intercorse tra il papà e Scout nei loro frequenti dialoghi; ci piace ricordarne una su tutte, quasi una chiave di lettura dell’intero romanzo: “Non si conosce realmente un uomo se non ci si mette nei suoi panni e non ci si va a spasso”; più di una volta Scout viene richiamata da Atticus a questo sguardo, e alla fine della storia proprio queste parole le tornano in mente.  Così riguarda al vicinato in un modo nuovo, e ripercorre le esperienze vissute in quei tre anni con una consapevolezza insolita in una bambina (“Pensai che Jem e io saremmo cresciuti, ma che non ci erano rimaste molte cose da imparare, salvo forse l’algebra”). Attraverso le circostanze in cui vengono a trovarsi i protagonisti, non pochi sono i temi toccati dal romanzo: il razzismo, la giustizia, il rapporto genitori/figli, l’infanzia, l’adolescenza…Nessuno prevale, tutti in sostanza concorrono a dare vita ad un grande romanzo di formazione. Harper Lee fa di Scout la protagonista di un cammino di crescita in cui forse riconosce se stessa, che sappiamo ispirarsi in queste pagine a ricordi d’infanzia: luoghi della propria storia e figure della propria famiglia, nonostante molti aspetti del carattere dei personaggi siano frutto di fantasia.

La conclusione della storia ci fa tornare all’inizio, illuminando la metafora del titolo scelto dall’editore italiano: la siepe che separa la realtà nota e rassicurante – la casa, gli affetti familiari, l’infanzia – da quanto sta al di là, sconosciuto e pertanto buio, diventa per la piccola Scout un invito ad andare oltre, perché in lei la curiosità è più forte della paura, che spesso si alimenta nel pregiudizio e fa chiudere sulla difensiva  nei confronti dell’estraneo, del diverso. Tale curiosità consentirà a Scout di scoprire che l’oscurità temuta nasconde in realtà una presenza amica, addirittura salvifica (“Ci aveva regalato (…) le nostre vite”). E anche il titolo originale, molto diverso dalla versione italiana, è preso proprio dalle ultime pagine: “Be’, sarebbe come uccidere un passero.” Qui Scout, rammentando ancora una volta un colloquio col papà (“Ricordatevi che è peccato uccidere un passero”), commenta il destino di un misterioso personaggio, figura centrale del romanzo che pure resta nel buio fino all’ultimo.

Così come viene alla luce solo nella sequenza finale anche nel bellissimo film, uscito appena due anni dopo il libro col medesimo titolo. Straordinaria l’interpretazione di Gregory Peck (Oscar come miglior attore nel 1962) nei panni di Atticus Finch, padre esemplare e avvocato integerrimo, che qui forse ancor più che nel libro giganteggia come modello di umanità.                                                                                                                                        Per una volta, non sappiamo se definire migliore l’opera letteraria o la pellicola, perché siamo di fronte a due capolavori, ciascuno, nel suo genere, imperdibile.                                             

Se si propongono entrambi ai ragazzi, un’avvertenza: con loro, come sempre, prima venga la lettura del libro, poi la visione del film (per chi insegna, i motivi sono abbastanza ovvi!)


A cura di:           

LAURA BELLAVITE è nata a Milano nel 1955. Qui laureata alla Cattolica, poi insegnante di lettere nella secondaria di I grado – per quindici anni nell’hinterland milanese, a Quarto Oggiaro, poi in zona Fiera-Sempione – attualmente , da ‘pensionata’, continua l’impegno in ambito educativo/didattico come volontaria presso la onlus PORTOFRANCO, centro di aiuto allo studio rivolto a studenti delle superiori. Collabora altresì con un doposcuola parrocchiale e nella gestione della Biblioteca nell’istituto statale in cui ha insegnato fino al 2017.

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