TRENI STRETTAMENTE SORVEGLIATI

Autore: Bohumil Hrabal

Traduttore: S. Corduas

Editore: E/O , € 16,50

Anno edizione: 2014 . In appendice "L'ironia praghese" intervista con Bohumil Hrabal e "Hrabal, ferroviere di Dio" di Sergio Corduas.

Nell’Italia che, benché dubitosamente, è tornata a uscire di casa, bisogna decidere che fare dei treni, anche di quelli inferi che scorrono sotto la pelle delle città.  Se fino a ieri accalcarsi era un disagio, ora è un delitto, se fino a ieri sceglierli era un’opzione virtuosa ora è un azzardo o una condanna, lo stigma sulla pelle di chi deve andare per forza e non può andare con mezzi suoi. Un’altra tappa delle trasformazioni  che hanno accompagnato la storia di questa infrastruttura fatale – e ricordiamo che cosa diceva Pasolini delle infrastrutture.  Epica e tragedia ne hanno accompagnato la storia, a volte forse con prevalenza della prima, come negli Stati Uniti, altre, in Europa, con inclinazione netta verso la seconda, nelle tradotte della prima guerra mondiale e nell’orrore delle deportazioni. E come dimenticare i ‘treni del sonno” di Bianciardi, le tradotte operaie dell’Italia dello sviluppo industriale? Non manca nulla, al treno, per divenire, come infatti è divenuto, motivo letterario dei più fecondi, dalla letteratura seria a quella di genere, fino alla poesia, dove con il ‘Congedo del viaggiatore cerimonioso’ Caproni   dà una perfetta realizzazione novecentesca della tradizionale metafora del ‘viaggio della vita’, saldando coerentemente le caratteristiche del mezzo e i tratti culturali dell’ uomo europeo.

E poi il treno porta con sé tutto un mondo, il mondo delle stazioni e dei ferrovieri: una fetta di umanità con ambiente, conoscenze, linguaggio propri. Un ambiente insieme aperto e chiuso, di gente che, se viaggia, vede solo treni e stazioni, e in altri casi non viaggia mai ma vede solo viaggiatori e carrozze sfreccianti verso le più lontane destinazioni. E’ difficile che la consuetudine con il mondo ferroviario (non meramente con i viaggi in treno) non lasci tracce in uno scrittore, e basti per questo il riferimento alla biografia di Vittorini, alla sua adolescenza passata sui treni con i biglietti omaggio dei figli dei ferrovieri, e poi a ‘Conversazione in Sicilia’…

E’ stato così anche per lo scrittore ceco Bohumil Hrabal, che per mantenersi, tra mille altri lavori, ha fatto anche il ferroviere, e che della ferrovia coglie la potenzialità letteraria di piccolo mondo chiuso che può divenire il Mondo. In Treni strettamente sorvegliati, romanzo del 1965, ambientato sul finire della seconda guerra mondiale, il protagonista è un ragazzo alle soglie dell’adolescenza, ai suoi primi passi nella carriera di ferroviere, in una stazioncina di provincia non lontana dal confine con la Germania. Viene da una famiglia segnata dall’irregolarità, gente semplice ma incapace di essere banalmente normale, quella che le donne del paese spiano da dietro le tendine, insomma. Solo alla fine di un doloroso cammino il ragazzo comprende la grandezza di certi gesti stravaganti, come quello del nonno ipnotizzatore che avanza da solo incontro ai carri armati dei tedeschi invasori cercando di ipnotizzarli perché tornino indietro, finendo dilaniato dai cingoli. Intanto, quando noi facciamo la sua conoscenza, Milos è un ragazzo che fa molta fatica a vivere: quando cammina si sente sempre fissato e disapprovato da sguardi invisibili e poi il primo incontro con l’amore si è risolto in un fallimento che ha distrutto la sua fiducia nella propria virilità. Il suicidio sembra l’unica soluzione, ma da esso lo salva Dio – per l’unica volta scritto con la maiuscola- celato sotto improbabilissimi panni. Nella sua stazione, tra i personaggi e i fatterelli della vita di tutti i giorni, Milos vede passare molti ‘treni strettamente sorvegliati’, quelli che portano soldati tedeschi o rifornimenti ad essi destinati, treni che prima andavano tutti da ovest ad est ed ora, sempre più spesso, da est ad ovest. E proprio in relazione ad uno di quei treni, carico di munizioni, si compie il suo destino. In una notte in cui l’orizzonte è acceso dai riflessi dell’incendio di Dresda, a lui toccherà di lanciare una bomba su uno di quei vagoni e di far esplodere il convoglio. Ma prima, l’incontro fugace con una ragazza, restituendogli la certezza della virilità, cambia completamente il suo stato d’animo, aprendogli la possibilità dell’amore. La ragazza si chiama Viktoria Freie (Vittoria Libera), ed è con passo sicuro e con animo vittorioso che Milos, strappate le ragnatele dell’incerta adolescenza, si accinge al suo pericoloso compito.    

Anche la povertà di un rapido riassunto lascia trapelare qualcosa della ricchezza dell’opera: il drammatico contesto storico, la religiosità, la varietà di tipi umani che si muovono nel microcosmo della stazione, dal conformista al collaborazionista, al donnaiolo apparentemente preso solo dalla lussuria e in realtà in contatto con la resistenza; e soprattutto un ragazzo alle prese con le domande grandi della vita, bambino goffo e sfiduciato all’inizio, giovane capace di eroico sacrificio e insieme di giudizio lucido e profondamente umano alla fine.

Tuttavia questi elementi, tradotti anche in un fortunato film, ancora non rendono ragione dell’opera di Hrabal, il cui senso è inscindibile dalla lingua e dallo stile, il campo su cui lo scrittore ha giocato la sua vera partita .  Partita difficile anche per i traduttori, invero, a cominciare dal titolo  ( Treni acutamente seguiti -traduzione letterale-, ovvero Treni con precedenza assoluta, o ancora Treni acutamente osservati ,secondo Angelo Maria Ripellino).  La lingua di Hrabal è il ceco parlato, una lingua che non parte dalla letteratura e non diventa letteratura, ma sgorga dalla vita, una vita di osterie e quartieri popolari, per diventare poesia. “Questa scrittura produce da sé una propria specifica cultura, e se la crea a partire dalla riutilizzazione dei fatti linguistici e vitali che registra attorno a sé”, come osserva  Sergio Corduas.

E’ sempre Corduas a notare come il libro contenga la possibilità del tragico e del comico, ma non scelga né l’uno né l’altro, trattenendo il protagonista su una corda tesa tra il realismo a un passo dal grottesco e la tragedia , appunto, in un equilibrio sorretto da quella particolare forma di ironia che è l’ironia praghese, ‘preferendo constatare, con un distacco che a ben pensarci è formidabile , un inarrestabile miracolo, la coincidenza di amore e morte, questo vecchio mistero…’

Vale la pena di avventurarsi, pur coscienti delle difficoltà che si frappongono alla piena comprensione, nella lettura di Bohumil Hrabal, scrittore non accademico, dalla vita irregolare, censurato sistematicamente nella Cecoslovacchia comunista, gradualmente sempre più apprezzato nel mondo per la sua arte, universale proprio in quanto irriducibilmente ceca.  


A cura di:

Giuliana Zanello è nata a Milano nel 1957. Si è laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore e insegna al liceo classico di Busto Arsizio. Collabora occasionalmente con IlSussidiario.net

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