I 10 MESI CHE MI HANNO CAMBIATO LA VITA

Autore: Jordan Sonnenblick

Editore: Giunti, 2013 –  € 8,90

Pagine 188

Vincitore del premio Bancarellino 2014

Target: da 12 anni

 

Il romanzo d’esordio di Jordan Sonnenblick mette a tema l’adolescenza, gli anni in cui ogni ragazzo inizia a prendersi cura di sé, accettando la propria instabilità e gli atteggiamenti contraddittori, e a farsi carico della realtà. L’autore dà prova di conoscere bene questa particolare età della vita - è stato insegnante d’inglese per una decina d’anni in una scuola media del New Jersey - e riesce a rendere vivi e reali tutti i protagonisti di questa storia. Lo fa con una narrazione originale ed efficace, nella quale emergono sensibilità, partecipazione e ironia, elementi che rendono il libro avvincente per i ragazzi e, nello stesso tempo, utile per insegnanti e genitori.

 

Il protagonista

Steven è un ragazzo di tredici anni, frequenta la terza media in un istituto della Pennsylvania ed è il primogenito della famiglia Alper, nella quale ci sono anche il papà ragioniere, la mamma insegnante e Jeffrey, il fratellino di cinque anni.

Steven è un “normalissimo” adolescente: insicuro, incastrato nei propri difetti, un’autostima vacillante e con una visione egocentrica della realtà. Negli studi ottiene buoni risultati, però preferisce mantenere una posizione defilata, sia per il carattere timido e riservato, sia per evitare figuracce e derisioni che lui, immotivatamente, presume e immagina di rimediare in ogni occasione.

La conseguenza è che a scuola non ha amici ma solo compagni; le uniche eccezioni sono Renee, la bellissima-che-sa-di-esserlo, per la quale il nostro protagonista ha preso una sonora cotta, e Annette, la più brava e generosa della classe, che nei confronti di Steven prova una sincera amicizia, e forse anche qualcosa di più.

Il primogenito Alpen è un perfetto adolescente anche in casa. Con Jeffrey ha un rapporto di odio-amore (io ho i capelli marrone topo appiccicati alla testa, porto un paio di occhiali spessi un centimetro e [in bocca] un apparecchio che mi dà l’aria di uno che ha cercato di inghiottire i rottami di un treno. Mio fratellino ha un sorriso da pubblicità, dieci decimi per occhio e boccoli biondi come quelli degli angioletti del poster appeso nell’aula d’arte. Dopo otto magnifici anni vissuti da signore incontrastato del pianeta, sentirsi declassato a vice non è affatto semplice per nessuno). Jeffrey, al contrario, stravede per il fratello maggiore, e questa evidenza fa sì che Steven ricambi l’affetto (ma senza darlo troppo a vedere!). Con i genitori, invece, la comunicazione è ridotta al minimo, prevalgono un voler delimitare gli “spazi comuni” e una crescente pretesa di emancipazione ed autonomia.

La storia

“Neanche se vivrò fino a centosettantanove anni, scorderò mai quel 7 ottobre”. Si tratta della mattina in cui Jeffrey, seduto su uno sgabello della cucina mentre Steven gli prepara la colazione, cade, sbatte la testa sul ripiano e comincia a perdere un fiume di sangue dal naso. Al Pronto Soccorso, dopo un’accurata visita, si scopre che il bambino è già da tempo affetto da una forma seria di leucemia.

Questo è il fatto che dà inizio ai 10 mesi che cambiano la vita del protagonista, questo è il fatto (di cui Steven, voce narrante, ricorda il giorno e l’ora) che stravolge la famiglia Alper:  Jeffrey deve andare all’ospedale pediatrico oncologico di Filadelfia più giorni alla settimana per sottoporsi a sedute chemioterapiche; la mamma, per accudirlo, deve prendere un’aspettativa dall’insegnamento e dopo alcuni mesi viene licenziata; il padre inizia a lavorare dieci – dodici ore al giorno  per far fronte alle ingenti spese ospedaliere; e Steven di colpo si ritrova solo e disperato: il fratellino seriamente ammalato “aveva poco più del 50% di possibilità di sopravvivere”, la madre spesso lontana da casa e, quando c’è, è stanca e piange, il padre fagocitato dal lavoro e sempre più chiuso in se stesso (a mezzogiorno, in cucina ho trovato mio padre, con ancora la barba del giorno prima e un’aria distrutta, che mangiava un toast, inespressivo. Mi ha a malapena rivolto un saluto, neanche fossi un collega di lavoro, come se non mi vedesse nemmeno). Anche la scuola si complica: Steven cerca di nascondersi e di nascondere il dramma in cui si trova, non riesce a stare attento in classe, tralascia studio e compiti e, in poco tempo, va male in molte materie.

A questo punto della storia si assiste a un cambio di direzione ed emerge la capacità di Sonnenblick di narrare la vita adolescenziale così come è, con i suoi meccanismi e i suoi aspetti nascosti, come se attingesse da una realtà che ha davanti a sé - sicuramente avrà osservato attentamente i suoi  ragazzi negli anni d’insegnamento!

Steven, infatti, nonostante sia incapace di reagire e (sembra) faccia di tutto per complicarsi la vita, si ritrova - quasi senza rendersene conto - a stare davanti alle varie situazioni drammatiche e contraddittorie, così come gli riesce. In questo modo prendono piede occasioni positive inaspettate, come un rinnovato e più potente affetto nei confronti di Jeffrey, il pianto liberatorio e l’abbraccio con papà e mamma al culmine di accese discussioni, raccontare agli insegnanti il dramma nel quale stava affogando, accettare di rimettersi a studiare seguendo il loro piano di recupero. Con il passare delle settimane Steven scopre di essere un’altra persona, migliorato e capace di scelte coraggiose, come quando, preoccupato della situazione economica della famiglia, è disposto a rinunciare alle lezioni private di batteria (strumento amato nel quale eccelle), oppure quella volta che impedisce alla raffreddata ( ma sempre ambita) Renee di entrare in casa ad aiutarlo in matematica, per non rischiare un possibile contagio al fratellino.

Il contributo decisivo, che condurrà a un epilogo positivo di questi 10 mesi, nasce da una iniziativa ideata da Annette e Renee, la quale vedrà coinvolti gli studenti, i docenti e i genitori dell’intera scuola.

Le passioni

Steven ama scrivere ed è un fenomeno nel suonare la batteria, sono le due grandi passioni che lo aiutano nei momenti più bui. Anche in questo romanzo sull’adolescenza, le doti personali e gli interessi extrascolastici (giustamente!) prendono un posto in primo piano, a testimoniare che essi sono una risorsa “salvavita” e una possibilità di non annullarsi e sparire del tutto dalla realtà: (comunicavo con l’esterno solo in un modo, ovvero il tema in classe); (il momento più bello della giornata è arrivato quando sono andato a lezione di batteria … alla fine i ragazzi fuori dall’aula hanno iniziato ad applaudire. Questa è un’altra cosa bella della musica: se fai il fenomeno a ginnastica sei uno “spaccone”, se fai il fenomeno in classe, sei un “secchione”, ma se fai il fenomeno con la batteria, la gente va in visibilio).

Un ruolo prezioso e insostituibile è quello giocato dalla professoressa d’inglese Palma, che lo sprona a scrivere e fa in modo che lo faccia senza alcuna inibizione: (aveva istituito questa regola secondo cui se facevi una piega al foglio, significava che quello che stavi scrivendo era parecchio personale [e lei non l’avrebbe letto]. Bene, i miei fogli [del quaderno] stavano iniziando ad assomigliare sempre più a degli origami). Allo stesso modo sono importanti l’amato prof. di musica Watras, che gli assegna un posto da batterista nella jazz band della scuola per il concerto di fine anno, e  Stoll, il maestro di lezioni private di batteria che, di fronte alle difficoltà economiche degli Alper, sceglie di fargli lezione gratuitamente.

Le tematiche   

Il romanzo mette in evidenza molte tematiche legate al mondo dell’adolescenza: la scuola, l’amicizia, i primi amori, la malattia e la sofferenza, la fatica di crescere, la famiglia.

Il pregio di Sonnenblick è quello di riuscire a rappresentare uno spaccato della vita degli adolescenti, di farlo con la delicatezza di chi si accosta a questa realtà per condividere e capire dal di dentro (facendo suo il geniale “Sentir e meditar” di Alessandro Manzoni!) e, nello stesso tempo, dare vita a una storia positiva, dove le fatiche e le contraddizioni si rivelano utili al crescere e diventare uomini.

Mi soffermo su due di questi temi, in primo luogo la famiglia. Quella degli Alper è una normale famiglia occidentale, economicamente solida e con relazioni affettive positive. Nel momento in cui è colpita dal dramma della malattia del piccolo Jeffrey, emerge una grande fragilità che sembra non darle scampo. Nello svolgimento dei “10 mesi”, invece, essa diventa ancora di più il fattore decisivo per ogni suo componente e rivela il suo vero fondamento: è il luogo costruito sull’amore e sulla appartenenza reciproca e, per questo, capace di resistere a qualsiasi tipo di avversità. In questo senso, la famiglia raccontata nel romanzo è una bella sfida alla mentalità contemporanea, che presume – ideologicamente - di poterne fare a meno.

Da ultimo il tema della realtà. Ne “I 10 mesi che mi hanno cambiato la vita” accade un fatto drammatico, la realtà diventa negativa e mette in crisi la vita degli Alper. Questo, che nel suo inizio sembra essere (ed è) un male, diventa il fattore che “costringe” Steven a crescere, a rendersi conto di ciò che vale veramente e dei passi che lui è chiamato a fare. Nelle pagine del romanzo si afferma questa verità, che la realtà, con la sua imprevedibilità, è il dato fondamentale, è la linfa che porta nutrimento al vivere. In effetti, Steven cambia e diventa una persona più matura, perché, man mano, accetta di stare dentro la realtà e di mettersi in gioco così com’è. Anche questo aspetto, messo in evidenza da Sonnenblick in modo convincente, contesta la nostra mentalità, laddove afferma che l’individuo, nei confronti della realtà, può solo difendersi, controllarla o dominarla. E allora si capisce meglio il senso profondo della frase messa in quarta di copertina “Senti, Steven, ora devo rimandarti in classe. Ma voglio lasciarti qualcosa su cui riflettere: invece di tormentarti con le cose che non puoi cambiare, perché non ti concentri sulle cose che puoi cambiare?”: la realtà, nella sua complessità, va accettata e accolta, solo che lo si può fare un pezzetto alla volta. Questo vale in ogni momento della vita, a maggior ragione nell’adolescenza.      

 


A cura di:           

Sergio Fanni. Laureato all’Università degli Studi di Milano, ha insegnato Lettere nella secondaria di I grado di Santo Stefano Ticino (MI) dal 1983 al 2005 e, successivamente, nell’Istituto “San Girolamo Emiliani” dei P.P. Somaschi di Corbetta (MI). Dal settembre 2021 è felicemente in pensione e prosegue il suo impegno educativo/didattico come volontario presso l’istituto di Corbetta.

 

 

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