Storia di Toenle e l’Anno della vittoria

AUTORE: Mario Rigoni Stern

EDIZIONI: Einaudi

Secondo la testimonianza di Eraldo Affinati, la  Storia di Toenle è il romanzo che Mario Rigoni Stern considerava il suo più bello. Toenle Bintarn  è nato e cresciuto sull’Altipiano dei Sette Comuni. L’Altipiano e la casa con un ciliegio selvaggio sul tetto rimangono la sua dimora, anche se, dalla prima giovinezza alla vecchiaia, ci torna solo a svernare. D’altra parte, il suo cognome, Bintarn, significa proprio ‘invernatore’, nell’ antichissimo dialetto tedesco che Rigoni Stern riteneva fosse cimbro. Per il resto, dal disgelo alle prime nevi, come gran parte degli uomini del suo paese, Toenle guadagna a piedi, solo raramente in treno, tutti i luoghi possibili dell’Europa centrale, dalla Germania all’Ungheria, da Praga a Kiev, contadino, minatore, giardiniere, allevatore, commerciante. Toenle fa ogni lavoro, parla tutte le lingue. Dappertutto si trova bene, dappertutto trova compaesani. Ha servito per quattro anni nell’esercito austriaco, sotto un comandante dal cognome italiano; è tornato a casa per scoprire che il suo paese è passato all’Italia, ed ha rifatto il militare nell’esercito italiano, con un comandante dal cognome austriaco. Ma per Toenle i confini e gli stati sono solo impicci di dogane, difficoltà che sbarrano irrazionalmente il passo dei viandanti sulle loro rotte secolari. La sua vita scorre tra un’Europa senza confini e il suo paese, due estremi tra cui non c’è contraddizione, in cui è ugualmente se stesso. Forse occorre avere un paese, una casa e una lingua, per sentirsi cittadini del mondo. Forse la gente di confine ha questo privilegio, di vivere le due dimensioni come ugualmente naturali e necessarie, e il confine come ciò che le rende possibili, che rende più sciolto il passaggio dall’una all’altra. Il mondo di Toenle finisce con la prima guerra mondiale, mostro vorace disteso proprio sui suoi prati, sui suoi sentieri, “sotto il cielo aperto – come scrisse Benjamin- in un paesaggio in cui nulla era rimasto immutato fuorché le nuvole e sotto di esse, in un campo magnetico di correnti ed esplosioni micidiali, il minuto e fragile corpo dell’uomo”.

Rigoni Stern chiude il racconto in una cornice minima, nella quale presenta se stesso come narratore orale, intento a confortare con le sue storie un amico malato, di fronte al paesaggio di quelle montagne, ancora segnato dalle devastazioni della guerra. Un narratore orale, dunque, che parla a un compaesano, raccontando di un altro compaesano. In quale lingua? Un italiano di livello medio, parco ed esatto, molto preciso nei dettagli naturalistici, che si intreccia senza sforzo e senza ostentazione al lessico locale, là dove occorre. Rigoni Stern non ha bisogno di azzerare la propria cultura per non tradire quella di Toenle, tanto esse sono contigue, e contigue anche a quella dell’uditorio, l’amico malato di cui si diceva. Lo scrittore conosce a fondo il suo personaggio (che sembra inventato e invece è esistito davvero, come ricorda Affinati), sente la vita come lui. Il suo narrare è una traduzione, discreta e sommessa, che, mentre si offre anche a chi altrimenti non potrebbe ascoltare, assume la cadenza e il ritmo del montanaro, del suo parlare, del suo andare, del suo pensare. Una traduzione che deve superare una distanza brevissima, come si è cercato di dire, uno stile che può perciò essere tradizionale perché non ha bisogno di altro. Ricorriamo ancora a Benjamin: “L’esperienza che passa di bocca in bocca è la fonte a cui hanno attinto tutti i narratori. E fra quelli che hanno messo per iscritto le loro storie, i più grandi sono proprio quelli la cui scrittura si distingue meno dalla voce degli infiniti narratori anonimi”.  Rigoni Stern racconta un mondo che ha conosciuto e assimilato, nel momento in cui esso finisce. Lo fa senza enfasi, senza artificio, con un’asciuttezza che, nel suo corrispondere al riserbo e alla dignità del personaggio, acquista un sapore epico.


A cura di: 

Giuliana Zanello è nata a Milano nel 1957. Si è laureata all’Università Cattolica del Sacro Cuore e insegna al liceo classico di Busto Arsizio. Collabora occasionalmente con IlSussidiario.net

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