IL SIGNORE DELLE MOSCHE

di W. Golding, Oscar Mondadori 2024, p 288, 13,50€

 

LORD OF THE FLIES

di W. Golding, Penguin Publishing 2003, p 224, 11,50 €

 

      E’ sorprendente che i due ultimi premi Nobel inglesi per la letteratura si siano entrambi cimentati in romanzi di tipo distopico. Stiamo parlando di Kazuo Ishiguro e di William Golding. Del primo abbiamo già detto qualcosa accennando al suo romanzo Non Lasciarmi. Vediamo di dire qualcosa di Golding e del suo Signore delle Mosche.

     Golding ama spesso trattare dei suoi personaggi in ambienti chiusi, circoscritti; una nave, una barca, in questo caso un’isola. Si tratta di una piccola isola, presumibilmente del Pacifico, un’oasi di pace e di bellezza. Su questa isola precipita un aeroplano che sta portando un gruppo di ragazzi e bambini lontano da una guerra, ci viene suggerito, atomica. La sciagura è grande, ma un gruppo di quei ragazzi e bambini sopravvive, senza tuttavia nessun adulto.

     I piccoli sopravissuti si ritrovano dunque a doversi organizzare. Il clima tra loro è gioioso, l’isola è una meraviglia, ci si può cibare dei frutti della vegetazione e giocare sulla spiaggia, nuotare e correre. “Accettavano i piaceri del mattino, il bel sole, i palpiti del mare, l’aria dolce, come il tempo adatto per giocare, un tempo in cui la vita era così piena che si poteva fare a meno della speranza”. La nostalgia di casa è così in qualche modo messa in un angolo, anche perché sorge subito la speranza di essere ritrovati da qualche nave di passaggio, quindi bisogna tenere acceso un fuoco perché si venga avvistati, e occorre costruire ripari per la notte. Si deve in qualche modo organizzare la convivenza, decidere chi farà che cosa. E qui cominciano ad emergere alcune figure che si pongono come guida. Ralph viene subito riconosciuto come possibile leader, è intelligente e razionale, sa parlare e ascoltare. Si cerca dunque di regolare la convivenza, ma non è facile perché alle decisioni prese insieme non segue immediatamente una operatività. Emergono figure come Piggy, intelligente ma petulante, grasso, miope e asmatico. Lui capisce benissimo che la sua speranza è riposta nel rispetto delle regole, lo sa da sempre perché fisicamente limitato. Ora c’è il fuoco da tenere sempre acceso, l’ascolto e il rispetto reciproci da conservare. Ma delle regole ci si dimentica in fretta. Il fuoco si spegne, i ricoveri per la notte sono lasciati a metà ed è sempre più difficile rispettare il pensiero dell’altro. Osserviamo una istintiva, comoda anarchia che ci fa sospettare di essere di fronte a un lungo apologo, e la narrazione della vita di quei ragazzi e bambini suggerisce che si sta accennando anche al mondo degli adulti, di cui i più giovani ricalcano le orme, quasi senza accorgersene, un percorso naturale.

     E nasce come dal nulla la paura. E’uno dei più piccoli a formalizzare questo sentimento, parlando della bestia-che-striscia. E’ovvio che ha paura dei serpenti, ma questo sentimento prende la forma di qualcosa che c’è ma non si vede, insomma una bestia nascosta e che in qualche modo va tenuta a bada. E’un altro ragazzo, Jack, che si occupa di indagare. L’isola viene perlustrata, la bestia viene cercata, la paura si ingigantisce. Jack è l’opposto di Ralph, istintivo, brutale, si autonomina cacciatore e con i più stretti seguaci dà la caccia ai maiali selvatici dell’isola. Ecco il primo sangue, la brace scura su cui cuocere la carne. In un parossismo di eccitazione Jack si colora il viso di rosso e di nero, una maschera che incute timore ma sembra affascinare. Il conflitto tra Ralph e Jack parte da dialoghi che da subito li vedono su fronti opposti, diventa astio quando si fa chiaro che Jack vuole il posto di Ralph.  Presto si trasforma in odio, e quando Jack riuscirà a portare tutti o quasi dalla sua parte, per il potere della carne e del sangue, inizierà la caccia a Ralph, che culmina con l’incendio dell’isola per stanare l’avversario che fugge e che finirà per trovare un ultimo rifugio sulla spiaggia sabbiosa.

        Qui avviene l’imprevisto. Una barca ha raggiunto l’isola, richiamata dal grande incendio che la sta divorando, quell’isola che era data per disabitata. Ralph vede un ufficiale di marina che gli si avvicina. Di corsa arrivano i suoi inseguitori e anch’essi si arrestano di fronte alla scena. L’isola è ormai un unico grande incendio, connotata dal rosso del fuoco, dal fumo grigio, dal nero dei tronchi carbonizzati, colori che si appiccicano sul corpo e sul viso de ragazzi e dei bambini. Ora semplicemente dei selvaggi. Quello che era un eden si è tramutato in inferno. Un momento particolarmente commovente è quando uno dei piccoli si avvicina all’ufficiale e fa per dirgli il suo nome, ma non ne è capace, non sa più chi è, sospettiamo.

      L’ufficiale ha una camicia bianca, immacolata. Le sue mostrine sono color dell’oro. I colori e il lindore che lo connotano sono importanti, più delle parole che vengono dette. Si pone la grande questione, siamo alle ultime pagine del romanzo: che cosa significa questo arrivo? Che cosa vuol suggerire l’autore?

      Le risposte possono essere diverse, come sempre nella buona letteratura.

 La mia possibile risposta è che finalmente arriva sull’isola qualcuno che non è parte dell’isola, viene da fuori, porta la salvezza e viene da fuori, insomma è come un dio che salva, perché da solo l’uomo si corrompe e attraverso l’istinto e la violenza cade facilmente e soccombe al male. La salvezza viene da un Altro.

      Non vi convince? Pensate al titolo del romanzo. Signore delle mosche è la traduzione della parola Belzebù. Il dio che divide, strappa, disarticola, che in qualche modo si nasconde nella paura e nella natura ferita dell’uomo e lo porterebbe alla distruzione se una speranza di salvezza non si facesse avanti, da fuori. Pensando a Delannoy si potrebbe confermare che Dio ha bisogno degli uomini, ma gli uomini hanno bisogno di Dio. Per comprendere davvero se stessi, come Ralph alla fine,

  • Era così al principio, disse Ralph, prima che…

Si fermò.

  • Eravamo uniti, allora…

L’ufficiale annuì, incoraggiante.

Ralph lo guardò senza parlare. Per un attimo ebbe una fuggevole visione dello strano alone d’avventura che una volta splendeva sull’isola. Ma l’isola stava bruciando come legna secca, Simone era morto e Jack aveva…Gli sgorgarono le lacrime e fu scosso dai singhiozzi. Per la prima volta da quando era sull’isola si abbandonò al pianto, a un grande spasimo di dolore che lo scuoteva tutto. Il suo pianto risuonava sotto il fumo nero, davanti all’incendio che distruggeva l’isola…Ralph piangeva per la fine dell’innocenza, la durezza del cuore umano, e la caduta nel vuoto del vero amico, l’amico saggio chiamato Piggy.

 

William Golding, 1911-1993, scrittore e insegnante britannico, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1983. Nasce in una famiglia culturalmente vivace, il padre è socialista, la madre una suffragetta, fin da piccolo manifestò una solida fede religiosa. Autore di vari romanzi, tra i suoi temi preferiti l’origine della violenza, della sopraffazione e il mare.

 


A cura di:

Marco Grampa

Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano, dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.
Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.
Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.

 

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