The Rime of the Ancient Mariner

di Samuel Taylor Coleridge, Dover publication Inc  2000, pag 80   3,74 €

 

    Autore della poesia è Samuel Taylor Coleridge (1772-1834), scrittore, poeta, filosofo,  uomo colto che fin da molto giovane si era dedicato alla lettura e alla scrittura. Frequentò vari circoli letterari, non ultimo quello del padre di Mary Shelley, William Godwin, dove ebbe modo di incontrare anche poeti come Shelley. Lo legò profonda amicizia con altri due poeti, Southey e finalmente Wordsworth, insieme al quale dette alle stampe il famoso volume Lyrical Ballads che sta all’origine del romanticismo in Inghilterra.

    Il titolo della poesia viene in genere tradotto con La Ballata del Vecchio  Marinaio. La composizione ha alcune caratteristiche di una ballata, ma non tutte. Dobbiamo ricordare che la letteratura inglese ha una ampia tradizione di ballate spesso di origine molto antica, anche altomedievale, tradizione che viene ripresa successivamente, in particolare nell’epoca romantica, e qui penso alla Belle Dame sans Mercy di Keats.

    Ricordo, tra le altre, una popolarissima ballata, Lord Randal, che ha avuto nel tempo numerose variazioni, non ultima una, Henry My Son, che si situa all’interno della storia e della cultura popolare del Far West americano. La ballata è in genere una composizione breve, con  strofe e spesso un ritornello che si ripete e probabilmente era memorizzato e cantato dagli ascoltatori, mentre i versi che sviluppano la narrazione sono cantati dal solista cantastorie. Ha un inizio senza momenti di preparazione, la storia si sviluppa in modo rapido verso la conclusione. Ha il ritmo di composizione corale, popolare. D’altra parte il vocabolo stesso, ballata, fa pensare a gruppi di persone che non soltanto ascoltano ma si uniscono al canto e spesso danzano. Queste due caratteristiche, inizio bruciante e ritmo rapido, le troviamo subito nella Rime.

C’è quasi un valore epico nella ballata, racconta cioè un momento della storia e della cultura di un popolo o di un gruppo umano. Dalla citata Lord Randal, per esempio, ricaviamo informazioni sulle abitudini della piccola nobiltà del tempo: andavano a caccia col cane, quindi probabilmente a piedi, e sappiamo  delle consuetudini testamentarie della nobiltà del tempo. Allo stesso modo il viaggio del marinaio nella Rime ha qualcosa di epico che deve essere raccontato. E’ una avventura di conoscenza.

   Torniamo alla Rime. Gode di notevole popolarità nel mondo anglosassone, e addirittura un gruppo heavy metal americano, gli Iron Maiden, ne ha ricavato una canzone (vedi anche su Youtube). Presenta dunque alcune caratteristiche della ballata ma non tutte, e potremmo definirlo meglio un lungo poema. Leggendo ne ricaviamo alcune caratteristiche che ne fanno una meravigliosa poesia romantica, con tutte le caratteristiche dell’epoca che tanto ha inciso sulla produzione letteraria europea.

    L’inizio è bruciante, immediato,

It is an ancient Mariner,
And he stoppeth one of three.
'By thy long grey beard and glittering eye,
Now wherefore stopp'st thou me?

 

The Bridegroom's doors are opened wide,
And I am next of kin;
The guests are met, the feast is set:
May'st hear the merry din.'

    Dunque abbiamo tre giovanotti, immaginiamo piuttosto allegri, diretti a una festa di nozze, che sono trattenuti da un vecchio che vuol loro raccontare una storia. Situazione poco verosimile, ma c’è quel glittering eye, quell’occhio luccicante, che ci attrae e ci fa sospendere la nostra incredulità, e nello stesso tempo ci apre a qualcosa di strano, misterioso, oltre il semplice naturale. Quel vecchio li trattiene soltanto con lo sguardo. Pensiamo a un occhio febbricitante, a qualcosa di insolito e misterioso, ma noi ci lasciamo convincere a credere, d’altra parte è quello che Coleridge vuole dalla poesia, trattare di cose soprannaturali presentandole e supponendole come vere. Ci è dunque chiesto di seguire il poeta nel suo percorso carico di immaginazione.

    La poesia prosegue,

He holds him with his skinny hand,
There was a ship,' quoth he.
'Hold off! unhand me, grey-beard loon!'
Eftsoons his hand dropt he.

 
He holds him with his glittering eye—
The Wedding-Guest stood still,
And listens like a three years' child:
he Mariner hath his will.

Dunque il vecchio marinaio trattiene uno dei tre invitati a nozze, prima con la sua “skinny hand”, una mano scheletrica, poi con il suo “glittering eye”, che sembra avere un potere quasi ipnotico. Il giovane non può far altro che ascoltare. Il racconto del viaggio comincia in modo quasi solenne, “there was a ship”, “c’era una nave”, e prosegue,

'The ship was cheered, the harbour cleared,
Merrily did we drop
Below the kirk, below the hill,
Below the lighthouse top.

 

The Sun came up upon the left,
Out of the sea came he!
And he shone bright, and on the right
Went down into the sea.

 

Higher and higher every day,
Till over the mast at noon—'
The Wedding-Guest here beat his breast,
For he heard the loud bassoon.”

Dunque la nave parte, merrily, allegramente, lascia il porto, la baia, e si dirige a sud con il sole che sorge a sinistra. Il viaggio è cominciato, il ritmo della poesia, vivace e svelto, ci fa supporre l’allegria di bordo. Le piacevolissime rime, anche interne, sembrano rincorrere la scia della nave. Il viaggio è il secondo grande tema della composizione insieme al racconto. Un racconto che non si può non ascoltare e un viaggio per nave verso non si sa dove, incontrando cose che si possono vedere e capire fino in fondo solo con un “glittering eye”, con il dono dell’immaginazione.

 Ma una orribile tempesta lancia la nave verso sud per interminabili giornate, finchè incontra solo freddo, e ghiaccio verde come smeraldo, e l’imbarcazione resta intrappolata,

And now there came both mist and snow,
And it grew wondrous cold:
And ice, mast-high, came floating by,
As green as emerald.

 

And through the drifts the snowy clifts
Did send a dismal sheen:
Nor shapes of men nor beasts we ken—
The ice was all between.

 

The ice was here, the ice was there,
The ice was all around:
It cracked and growled, and roared and howled,
Like noises in a swound!

L’imbarcazione è isolata, tra il freddo e la neve, i marinai scrutano l’orizzonte ma senza vedere né uomini  né bestie, solo ghiaccio e il suo suono crepitante quando il mare ruggisce agitato. La natura è cambiata nei suoi colori, pensiamo a  “snowy clifts did send a dismal sheen”, cioè “le scogliere innevate mandavano sinistri bagliori”. Immobilità e gelo. Seguono giorni di sgomento. Il ritmo della poesia sembra rallentare, il linguaggio suggerisce un ritmo più lento, come se la fatica e il dolore penetrassero con il freddo i corpi dei marinai. Il freddo persistente intorpidisce i corpi e ottunde la mente. E tutto viene percepito come “noises in a swound”, cioè come “rumori in un momento di incoscienza”. Fino a quando,

At length did cross an Albatross,
Thorough the fog it came;
As if it had been a Christian soul,
We hailed it in God's name.

 

It ate the food it ne'er had eat,
And round and round it flew.
The ice did split with a thunder-fit;
The helmsman steered us through!

 

And a good south wind sprung up behind;
The Albatross did follow,
And every day, for food or play,
Came to the mariner's hollo!

         Appare dalla nebbia un albatros e i marinai lo accolgono come segno di buona fortuna, come fosse un cristiano, e lo salutano nel nome di Dio. Allora il ghiaccio comincia a sciogliersi, un vento favorevole si leva e la nave può ripartire verso temperature più calde, mentre ogni giorno l’albatros torna a salutarla. Per un attimo il vecchio marinaio sospende il racconto, fatica a continuare, infatti il giovane gli chiede il motivo di quel suo improvviso silenzio,

'God save thee, ancient Mariner!
From the fiends, that plague thee thus!—
Why look'st thou so?

“Dio ti protegga, vecchio Marinaio!
Dai pericoli che ci affliggono!—
Perché hai quell’aria?

e la risposta è un colpo improvviso,

—With my cross-bow
I shot the ALBATROSS.

“Con la mia balestra
Ho ucciso l’albatros.”

E qui termina la prima parte del poema.

(continua)

 

 

 


A cura di:

Marco Grampa

Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano, dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.
Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.
Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.

 

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