DONATELLO. IL RINASCIMENTO

Una mostra memorabile

 

La mostra da vedere per l’estate -entro il 31 luglio, nelle sedi di Palazzo Strozzi e del Museo del Bargello a Firenze- è senza dubbio quella dedicata ad uno di più grandi artisti italiani, non solo del Rinascimento, benchè di questo periodo eccezionale dell’arte sia una delle più alte incarnazioni. La lunga e multiforme carriera di Donatello viene tratteggiata nelle sale di Palazzo Strozzi, ma più che un percorso biografico è una continua scoperta di nuove invenzioni formali, di sperimentazioni tecniche, di profonde riflessioni sull’uomo, su ciò che lo anima da dentro e si manifesta con potenza fuori. L’artista si può paragonare ad un vulcano che ha continuato a contagiare l’arte a lui contemporanea per sessant’anni, come scrive il curatore della mostra, Francesco Caglioti, professore ordinario di Storia dell’Arte medievale presso la Scuola Normale Superiore di Pisa: «Il “terremoto” Donatello è stato così violento da determinare ripetute scosse di assestamento, e per una fitta serie di generazioni cominciata poco dopo il suo esordio di ventenne (1406)».

Questo contagio è documentato da oltre 130 opere tra sculture, dipinti e disegni, suoi e dei più notevoli protagonisti del Rinascimento, da Mantegna a Bellini, da Nanni di Bartolo a Desiderio da Settignano, fino allo stiacciato della Madonna della scala di Michelangelo, un omaggio giovanile al maestro della scultura che costituisce un’eredità fondamentale per il Buonarroti.

Donatello “rigenera l’idea stessa di scultura”, a partire dalla prima sala che s’incontra a Palazzo Strozzi, che vede affiancati al David (1408-09) di marmo per l’Opera del Duomo, ancora tardo gotico, un Crocifisso per S. Croce, che passò alla storia per la sfida lanciata a Brunelleschi, che lo aveva criticato per l'esasperato naturalismo definendolo un «contadino in croce». L’amico rispose con un suo Crocifisso realizzato tra il 1410 e il ’15, oggi nella Cappella Gondi in S. Maria Novella: un’opera composta e dalla solenne gravitas. Sicuramente più misurato (secondo i canoni antichi) di quello donatelliano (dall’anatomia più irregolare), ma non privo di drammaticità, resa evidente dal sangue che cola dalle ferite lungo tutto il corpo.

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Già da questo avvio risulta chiaro che il XV sarà un secolo di sfide, come quella che, nel 1401, mise di fronte Ghiberti e Brunelleschi, che parteciparono al Concorso del 1401 per la Formella con il Sacrificio di Isacco per la seconda Porta del Battistero: le due opere sono affiancate al Bargello ed introducono il grande salone con le sculture di S. Giorgio (1417 ca.) –con il Combattimento con il drago sulla predella, primo esempio di applicazione della prospettiva lineare al rilievo -, del David bronzeo (1440 ca.) per la famiglia Medici, e del più tardo David bronzeo (1472 ca.) di Verrocchio; a completare la triade è esposto anche David Martelli di Desiderio da Settignano, eccezionalmente concesso in prestito dalla National Gallery of Art di Washington

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Sulla parete di fondo, spiccano Pippo Spano e Farinata degli Uberti, affreschi staccati di Andrea del Castagno (ora agli Uffizi): il salone presenta, quindi, il tema dell’eroe, dell’uomo di virtù che combatte per la giustizia e che vede soprattutto nella figura di David, scelta dai Medici come emblema della Signoria, colui che vincerà non tanto per la sua forza, ma perché scelto e protetto da Dio. Sarà Michelangelo, ai primi del ‘500, a ribaltare l’iconografia del personaggio biblico, presentando un gigante di più di 4 metri che, prima ancora di combattere, è già l’incarnazione di quella perfezione e forza fisica che gli antichi avevano elaborato, che si fonde con la forza interiore, la certezza morale di essere l’unto di Dio, pronto all’azione.

 

Tornando a Palazzo Strozzi, le sale che immediatamente seguono la prima vedono Donatello impegnato nella lavorazione della terracotta e intorno al tema della Madonna con Bambino, realizzato in numerose versioni inedite. Gli altorilievi scontornati, con passaggi di rilievo notevoli, mostrano la ricchezza di pose e di sentimenti che l’autore sembra trarre dalla vita vissuta delle donne del suo tempo.

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Donatello, Madonna col Bambino, 1423 ca., terracotta dipinta e dorata

 

Non meno innovativa è la fusione bronzea su scala monumentale: il S. Ludovico è stato realizzato a pezzi e ricomposto intorno ad una figura interna di sostegno:

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Donatello, S. Ludovico di Tolosa, 1418-25, bronzo dorato, argento, smalti

 

Nella sala adiacente due capolavori calamitano l’attenzione, testimoni delle invenzioni donatelliane nel rilievo, sia bronzeo che marmoreo: il Convito di Erode, appena restaurato, e la Madonna Pazzi.

eroDonatello, Convito di Erode, 1423-27, bronzo dorato, Siena

 

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  Donatello, Madonna col Bambino (Madonna Pazzi), 1422 ca., Berlino

Nel primo, l’artista costruisce con estrema precisione il tracciato prospettico, a punto di fuga unico centrale, sfruttando solo 7/8 cm. di spessore, utilizzando il rilievo stiacciato sul fondo. Lo stiacciato marmoreo della Madonna Pazzi è, invece, creato dalle lievissime modulazioni della superficie, che gioca con le screziature della materia, rendendo i corpi e le pieghe delle vesti appena accennate. Le mani e soprattutto le teste accostate, di poco sovrapposte, danno invece la sensazione di piena plasticità. Donatello si sta rivelando un grande inventore di spazi e forme, un vero “manipolatore” di materie.

Di grande fascino sono le due Porte della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, fresche di restauro: qui Donatello, pur dentro una sequenza rigorosa di riquadri, immette un’energia esplosiva. Le coppie di Apostoli creano “scene concitate, dove i santi sono immaginati in pose quasi scomposte, nel pieno di discussioni appassionate.” (G. Frangi).
Difficile non citare un raro San Giovanni adolescente di casa Martelli del 1442 e alcuni bronzi provenienti da Padova, in particolare il Crocifisso monumentale, realizzato alla fine degli anni ’40, con il suo corpo vigoroso e dettagli naturalistici come la cassa toracica dilatata, i profili delle vene su braccia, gambe e viso, il perizoma mosso da un vento forte, che mostrano come Donatello mai si allontanerà dal confronto con la realtà vivente.

Uno dei rilievi dell’altare del Santo con il Miracolo della mula permette di misurare il livello di complessità, ma anche di altissima drammaticità, a cui è giunta l’arte donatelliana. Al rigore prospettico dello spazio, che sembra senza fine, si oppone l’energia delle figure che si accalcano in primo piano per vedere il miracolo.

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Donatello, Il miracolo della mula, 1444-54, insieme e part.   Altare del Santo, Padova

 

Per chi proprio non riuscisse ad andare a Firenze, o per completare l’immersione nella grande scultura dal XV al XIX secolo, è possibile visitare, alle Gallerie d’Italia, in Piazza della Scala 6, Milano, fino al 18 settembre, la mostra I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori, 96 marmi della più importante raccolta privata di statuaria classica. I Torlonia hanno creato una Fondazione per preservare e promuovere “l’eredità culturale della Famiglia per l’umanità” da tramandare alle generazioni future.  Il percorso espositivo termina con una sezione interamente dedicata ai restauri, attività che oggi, con strumenti sofisticatissimi, permette alle opere di sfidare i danni del tempo e di leggerle nella loro forma più autentica.

 

 

 

 

 

A cura di:

GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.

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