Rigore e racconto poetico. “Aldo Rossi. Design 1960-1997” 

di Giuseppina Bolzoni

 

Finalmente, a Milano, una mostra che permette di avvicinare il genio creativo di un grande protagonista del XX secolo, Aldo Rossi, primo tra gli italiani a vincere, nel 1990, il Pritzker Architecture Prize, il Nobel per l’architettura. Allestita al pian terreno del Museo del Novecento fino al 6 novembre, a cura di Chiara Spangaro e in collaborazione con la Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale, l’itinerario espositivo racconta il vasto e vario mondo del designer milanese, dove progetti di architettura, opere grafiche, prototipi e modelli di oggetti si alternano continuamente sulle pareti, nelle bacheche o in piattaforme al centro delle nove sale.
Un fascino crescente accompagna l’osservatore che viene coinvolto dalla libertà immaginativa di Rossi, capace di leggere nelle forme di un faro o di una torre antica il suggerimento per una caffettiera e da questa, cambiando scala, l’idea di un teatro.
Fin dagli anni ’60 riflette sulla stretta relazione tra la scala architettonica, urbana e monumentale, e quella oggettuale. E quando, dal 1979 si avvicina alla produzione industriale e di alto artigianato, collaborando prima con Alessi, poi con Artemide, DesignTex, Bruno Longoni Atelier d’arredamento, solo per citare alcune importanti aziende, i risultati sono di grande originalità.

La seconda sala (1) è un primo “ritratto” di Rossi designer, a partire dal color rosa delle pareti, da lui molto amato, e dalla sequenza di caffettiere e bollitori, conclusa da La Conica in scala monumentale. Vista in questo formato “fuori scala”, la caffettiera ostenta ancor più chiaramente le semplici geometrie da cui è composta.

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1 Il laboratorio dell'industria

Questa forma conica si riferisce alla copertura della parte cilindrica dell’oggetto, che è il contenitore vero e proprio. Il cono, come è noto, è il nome di una figura geometrica semplice, solida, di forma piramidale rotonda, prodotta dalla rivoluzione di un triangolo rettangolo intorno al lato dell’angolo retto. Questo tipo di cono, da noi usato, si dice retto perché ha l’angolo perpendicolare alla base. Questa spiegazione della forma è parte del disegno della caffettiera, così come nel modello a cupola tutti gli attributi geometrici, statici e storici della cupola hanno una parte predominante.” (2). I volumi puri con cui Rossi lavora “ripropongono su piccola scala il suo linguaggio architettonico, con rimandi e citazioni di oggetti d'affezione e degli elementi compositivi degli edifici”. (Spangaro)

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2 Caffettiera Espresso ‘La Conica’, Alessi, 1984

 

Nella terza sala (3), colpisce l’accostamento tra la serie Parigi (UniFor, 1989), che campeggia al centro, e i disegni inediti degli interni della casa di Rossi in via Rugabella, alle pareti.

teatro

3 Un teatro domestico

 

In uno di questi (4) si scorge un breve commento a margine del foglio: “Interno milanese con poltrona, che osserva il Duomo con nebbia.” L’autore sembra voler non solo ambientare l’oggetto, ma quasi umanizzarlo. La stanza in cui è collocata la poltrona dialoga con l’esterno, attraverso la finestra aperta, dalla quale entra la nebbia che avvolge in parte l’uomo affacciato.

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4 Poltrona Parigi, 1989

 

In una bacheca è esposto il Servizio Tea and Coffee, Piazza (Alessi, 1983) (5): gli oggetti sono inseriti in una sorta di tempietto senza pareti, con un orologio nel timpano ed una bandierina alla sommità: sembrano persone che “passeggiano” in una piazza. Anche in questo caso si crea una situazione famigliare, legata a gesti quotidiani, come quelli di bere il caffè o il tè.

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5 Tea and Coffee Piazza, Alessi, 1983 e Disegno

 

Una conferma dell’attitudine di Rossi ad accostare realtà diverse, cambiando semplicemente la scala, è il progetto delle cabine da spiaggia, il cui prototipo è esposto nella prima sala (6).

poetica

6 Poetica, oggetti e architetture (sala 1)

 

Questi armadi, o costruzioni, risalgono agli anni passati. Anni che precedono i primi esemplari realizzati dalla ditta Longoni e che si possono riportare ad alcuni disegni, o impressioni, da me eseguiti in un periodo passato all’Isola d’Elba.
In realtà mi ero semplicemente accorto del carattere particolare e universale delle cabine poste sulle spiagge. Non solo dell’Elba. Il problema non è quello di vedere ma di guardare fino ad appropriarsi dell’immagine, e attraverso l’immagine della cosa.
Così ho incontrato migliaia di cabine, dalle spiagge del Mediterraneo, alla California, all’Argentina. E con piacere ho visto ripetizioni della mia cabina, ma non le considero copie, anzi è come rivedere le cose e riscoprirle con sorpresa.
La cabina è una piccola casa: è la riduzione della casa, è l’idea della casa.(A. Rossi)

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7 Cabina dell’Elba (Bruno Longoni, 1980)

 

Ma si entra idealmente nello spazio personale di Rossi nella sala sette (8), ricostruzione di un interno domestico, con mobili e oggetti a lui appartenuti e collezionati, presenti nelle sue case (gli studi milanesi di via Maddalena e di via Santa Maria alla Porta), tra i quali le caffettiere americane, una stampa di Giovanni Battista Piranesi, una credenza ottocentesca che è servita da ispirazione per il suo design. Si gira intorno al tavolo di marmo, si guardano gli oggetti sulla mensola del camino, si passa accanto al Pinocchio seduto in poltrona, insomma si diventa sempre più famigliari con il modo di mettere in relazione spazi e “cose” del geniale maestro milanese.

biografia

8 Biografia domestica

 

L’ultima sala è interamente occupata dal modello del Teatro del mondo (Venezia, 1979) (9). L’11 novembre, il Teatro del Mondo venne portato su una chiatta alla punta della Dogana. La struttura “galleggiante” a pianta centrale, costruita in legno su uno scheletro di tubi innocenti in ferro, fu realizzata da Rossi per i settori Architettura e Teatro della Biennale, su invito di Paolo Portoghesi, direttore del settore Architettura di quella edizione della mostra internazionale

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9 Teatro del mondo, 1979

 

“(…) il progetto per il teatro del mondo o chiamiamolo per questo teatro veneziano si caratterizza da tre fatti, l’avere uno spazio usabile preciso anche se non precisato, il collocarsi come volume secondo la forma dei monumenti veneziani, essere sull’acqua.
Appare evidente come essere sull’acqua sia la sua caratteristica principale, una zattera, una barca: il limite o confine della costruzione di Venezia.” (10).
In questo caso Rossi ha utilizzato il legno, materiale delle barche con cui ci si muove a Venezia, per creare un ambiente mobile e sospeso, così come lo è tutta la città

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10 Il Teatro del mondo vicino alla Punta della Dogana a Venezia

 

Purtroppo, nel breve spazio di un articolo, si possono offrire a docenti e studenti solo pochi spunti di lettura delle opere, collocate nelle sale colorate, allestite con grande sensibilità da Morris Adjmi (MA Architects, collaboratore e poi associato del maestro a New York). Le sapienti luci di Marco Pollice contribuiscono a valorizzare i singoli oggetti, ma anche a creare un’atmosfera avvolgente e coinvolgente.
La mostra ha il suo punto di forza nei disegni, non tanto in quelli di studio degli oggetti o delle architetture, ma in quelli in cui viene fissata la prima idea o un’intuizione, una relazione inedita o una sorta di racconto per immagini di situazioni di vita. Questi incredibili disegni sono il varco per entrare nel mondo di Aldo Rossi, documentato da oltre 350 tra arredi e oggetti d’uso, prototipi e modelli, dipinti, disegni e studi progettati e realizzati.
Dei due cataloghi, editi da Silvana Editoriale, il primo è una guida agile alla mostra, il secondo, a cura di Chiara Spangaro con un saggio critico di Domitilla Dardi, è la prima pubblicazione che raccoglie tutti i progetti di Rossi designer (pp. 272. € 75.00).

 

 

 

A cura di:

GIUSEPPINA BOLZONI, laureata nel 1985 presso l’Università del Sacro Cuore di Milano, dal 1986 insegna Storia dell’Arte al liceo artistico della Fondazione Sacro Cuore di Milano, ove ha contribuito all’elaborazione del progetto sperimentale su base quinquennale.

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