LIVING

GB 2022, 

Regia: Oliver Hermanus

Con Adrian Rawlins, Aimee Lou Wood, Alex Sharp, Bill Nighy, Hubert Burton, Tom Burke

 

Remake del bellissimo Vivere di Akira Kurosawa del 1952, a sua volta ispirato alla novella di Tolstoj La morte di Ivan Il’ic, è il delicato racconto di un “risveglio” alla vita, ma soprattutto alla ricerca di un senso, da parte di un uomo comune, un borghese profondamente radicato nei riti e nelle tradizioni. Per lui la vita è una prigione confortevole di cui non ha mai sentito il peso finché non è costretto a fare i conti con la morte imminente e si rende conto di non aver forse mai vissuto o di aver da tempo cessato di farlo.

L’adattamento è firmato dal premio Nobel Kazuo Ishiguro, che certamente ha la sensibilità giusta per il tema, sin dai tempi dell’indimenticabile romanzo Quel che resta del giorno, altro ritratto di una vita vissuta (o non vissuta) un passo indietro e piena di occasioni perdute, a suo tempo adattato in un film con protagonisti Anthony Hopkins ed Emma Thompson. Qui però Mr. Williams (Bill Nighy), capo ufficio tanto temuto quanto piegato ai meccanismi soffocanti e incomprensibili della burocrazia municipale londinese e a una routine domestica priva di affetti, di fronte all’ineludibile sveglia data dalla sentenza di morte reagisce con imprevedibile prontezza.

Se il primo istinto è quello di lasciarsi andare e godersi quello che la morale borghese, una prevedibile carriera da ingranaggio del potere e un matrimonio finito troppo presto gli hanno precluso, si rende presto conto che l’immersione nei sensi non basta a placare la domanda di senso che l’imprevisto accorciarsi del tempo concesso ha risvegliato.

È la realtà a porgergli una risposta, prima nel rapporto affettuoso con l’ex impiegata Margaret Harris (Aimee Lou Wood), poi nella missione di restaurare un piccolo campo da gioco in un’area degradata della Londra del dopoguerra, come da tempo inutilmente reclama un comitato di donne locali. Un compito apparentemente piccolo e insignificante, ma reso complicatissimo dal rimpallo burocratico di competenze tra i vari uffici del County Hall, in una rivisitazione britannica della “casa che rende pazzi” con cui si misuravano Asterix e Obelix nelle loro 12 fatiche.

Uno degli aspetti più interessanti del film è l’esplorazione dell’effetto collettivo del risveglio di Mr. Williams, che a sorpresa finisce per coinvolgere anche i suoi impiegati, dal novellino ancora pieno di speranze Peter Wakeling, ai più scafati, candidati a ripetere la carriera priva di significato di Mr. Williams. Saranno il lavoro di gruppo e l’assunzione di responsabilità di tutto l’ufficio a riuscire finalmente a sbloccare gli ingranaggi. Mr. Williams non vivrà a lungo per vedere l’effetto dei suoi sforzi, eppure la sua morte non sarà stata inutile e senza conseguenze durature.

Tuttavia, e il film si sofferma a lungo su questo “dopo”, anche gli entusiasmi collettivi, le promesse di non tornare più indietro, ci mettono poco a raffreddarsi di fronte al logorio costante della routine e dell’abitudine, e quindi ci vuole un cuore pronto a custodire il richiamo della realtà e farlo fruttificare a lungo, anche nella bruma londinese.

Living è un film fatto di grandi quanto delicate performance attoriali, a partire da quella di Bill Nighy nei panni dell’anonimo burocrate, attorno a cui c’è un bel cast di comprimari capaci di far rivivere un mondo di sentimenti trattenuti e di aspirazioni soffocate, si tratti di amore o di professione.

Tutto è grigio e sfumato in questo mondo, se non per isolati momenti di luce e di bellezza come il giorno della gita al mare di Mr. Williams all’indomani della ferale notizia, o la sera del cinema, quella che Williams un tempo condivideva con la moglie defunta e a cui lui invita la giovane Margaret.
Ma anche quello di una misteriosa notte invernale quando nel gelo innevato di quel parco finalmente compiuto si conclude la parabola di un uomo non più così comune che di fronte all’oscurità della morte che si avvicina ha deciso di cercare un senso nel donarsi agli altri.

 

A cura di:

LAURA COTTA RAMOSINO (Varese 1974), è un'autrice ed editor, con esperienze nella produzione di numerose fiction TV della Rai. Attualmente lavora per la società di produzione Cattleya.

 

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