MANODOPERA

interdit aux chiens et aux italiens

 

Francia, Svizzera, Italia 2022,   

Documentario/animazione, 80'

Regia: Alain Ughetto

 

Piemonte, inizio ’900. La famiglia Ughetto vive nel paese di Ughettera, minuscolo villaggio ai piedi del Monviso. L’estrema povertà e la fame, vissute con grande dignità, si traducono nella speranza di una vita migliore, che spinge Luigi e i suoi fratelli a lasciare genitori e altri parenti e cercare periodicamente lavoro in Francia; lavori duri, spesso accompagnati da diffidenza verso gli italiani, i “macaroni”. In uno dei viaggi Luigi conosce la giovane Cesira, che diventerà sua moglie e gli darà tanti figli. E un giorno, dopo due guerre terribili, tra la miseria e il regime fascista che si è affermato in Italia, deciderà di varcare le Alpi per sempre e – dopo uno sfortunato tentativo di puntare addirittura all’America – trasferirsi definitivamente con tutta la famiglia in Francia per creare un proprio “Paradiso”.

Con Manodopera – Miglior film di animazione agli European Film Awards 2022 e Premio della Giuria al “Festival International du Film d’Animation” di Annecy 2022 – il regista francese Alain Ughetto ripercorre la storia della sua umile famiglia attraverso una scelta originale: con personaggi in plastilina animati attraverso la gloriosa tecnica detta a passo uno o stop motion. Non solo: Ughetto ci fa conoscere i fatti della sua famiglia attraverso le sue parole in prima persona recitate dalla sua voce narrante (nell’originale francese) e con un dialogo immaginario con la nonna; perché erano le nonne, nelle famiglie di una volta, a raccontare ai nipoti la storia di una famiglia. Lo fa in modo estremamente creativo: sua è la mano che spesso si vede, dapprima costruire gli ambienti del paese immaginario di Ughettera e poi partecipare all’azione passando oggetti ai vari personaggi. Tutti appunto – a parte lui, o meglio la sua mano – animati con la tecnica dello stop motion: quella utilizzata, per esempio, dalla celebre casa di produzione britannica Aardman Animations nella serie Wallace & Gromit e Shaun, vita da pecora in tv e al cinema ma anche nel film Galline in fuga, da Tim Burton in Nightmare Before Christmas, da Wes Anderson in Fantastic Mr.Fox e L’isola dei cani e più di recente da Guillermo del Toro nel suo Pinocchio. Una tecnica lunga e complessa (ci sono voluti nove anni di lavoro, anche a causa della pandemia), che nel film di Ughetto è esaltata nella sua manualità e artigianalità proprio per creare un ponte con la storia di lavoratori che con le mani campavano e sfamavano poverissime famiglie numerose: che fossero contadini, minatori, muratori o altro (a costruire anche opere impressionanti come dighe o i primi trafori alpini).

È comprensibile e tutto sommato corretto, da questo punto di vista, il titolo scelto dalla distribuzione italiana, Manodopera, anche se l’originale Interdit aux chiens et aux italiens (ovvero, “vietato ai cani e agli italiani”) è decisamente più significativo perché ci ricorda quante umiliazioni abbiano dovuto subire i nostri concittadini, per razzismo o – come in questo caso – per motivi politici, in questo caso l’ostilità al fascismo. Umiliazioni, ahinoi, che arrivavano anche da persone di chiesa, come il parroco famelico di soldi o le suore infatuate di Mussolini: personaggi che suscitano i rari sentimenti aspri, al pari solo del “ras” nero che oltre alle violenze sugli uomini voleva essere nel paesino predatore di una donna rimasta sola e viene ucciso in un moto di rabbia da chi voleva difenderla. Ma il resto del film è percorso da sentimenti di candore e di umorismo buffo e commosso al tempo stesso, con le situazioni di vita difficile ma piena d’amore in quella strana famiglia di Ughettera (il nome non è inventato: la Borgata Ughettera è una frazione di Giaveno, non lontana da Torino, ai piedi del Monviso). Umorismo che cede spazio a un doloroso silenzio quando fa capolino la tragedia della morte di giovani vite: in guerra, sul lavoro o per altre disgrazie.

Manodopera, che si giova anche delle musiche di Nicola Piovani, è così sia l’omaggio alla storia della famiglia di Ughetto – con il tocco geniale delle sue mani che entrano in campo, a ricostruire una linea che unisce la manualità di suo nonno e suo padre, uomini di fatica, con quelle di un artista del cinema – che il commosso ricordo di quando i migranti eravamo noi italiani; persone umili e dignitose, piegate da una vita di fatica ma attaccate alla famiglia e ai propri cari. Un ricordo che non può che diventare giudizio sull’attualità e sui temi dell’accoglienza e dell’apertura a chi viene da altri paesi. Ma lo fa senza inutili e controproducenti prediche, ma in forza della Storia e di una storia familiare, amata profondamente dall’autore. Una storia poetica, a tratti divertente e spesso commovente, quanto più e commosso e coinvolto il narratore.

 

A cura di:

ANTONIO AUTIERI (Milano 1968) è giornalista professionista e critico cinematografico. Per circa vent'anni ha diretto Box Office, la maggiore rivista di mercato cinematografico italiano; ha collaborato con altre testate di cinema, tiene incontri e seminari in scuole e università. Attualmente insegna Lettere in una scuola della provincia di Milano e dirige la testata giornalistica online www.sentieridelcinema.it

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