STORIA DI IQBAL

AUTORE: Francesco D’Adamo

EDIZIONI: EL, € 11

TARGET: dagli 11 anni

 

La “Storia di Iqbal” merita di essere conosciuta, non solo per celebrare i sessant’anni, appena compiuti, della Dichiarazione dei Diritti del bambino (ONU,1959) o i trent’anni della Convenzione Internazionale sui diritti del bambino (ONU, 1989), ma soprattutto  perché negli ultimi tempi è emerso con evidenza come mai prima d’ora il dramma dello sfruttamento e degli abusi sui minori. Tanto che tutti noi – in primis genitori, insegnanti, educatori a vario titolo – siamo chiamati a lasciarci interrogare da questi fatti e ad affrontarli con maggiore consapevolezza, di noi stessi e della responsabilità nella cura di chi ci è affidato. A tal fine, la lettura che proponiamo può essere utile ancorchè in qualche modo ‘scomoda’. “La memoria si va perdendo. (…) Storia di Iqbal è una testimonianza, un piccolo contributo per rinvigorire la memoria.” (F.D’Adamo, Postfazione)

Nato in Pakistan nel 1982 da una famiglia poverissima, Iqbal a soli quatto anni viene venduto dai genitori a una fabbrica di tappeti, per risanare un debito contratto per le nozze della sorella; fino ai dieci anni, rimane incatenato a lavorare al telaio. Il padrone pretendeva diecimila nodi al giorno, anche a costo di far rimanere accucciati i piccoli schiavi per dodici-tredici ore ininterrotte, a respirare pulviscolo di lana, un danno irrimediabile per i polmoni. Per di più, Il ‘debito’ della famiglia di Iqbal non si estingueva mai, in quanto la paga era quasi inesistente. Finchè un giorno Iqbal si ribella: riesce a fuggire e a diventare addirittura un piccolo sindacalista dei bambini sfruttati. Grazie alle sue denunce e alla notorietà raggiunta dalla sua azione, per le pressioni internazionali il governo pakistano chiuderà decine di fabbriche di tappeti. Ma Iqbal è diventato in breve tempo un personaggio troppo scomodo per chi si arricchisce sul lavoro dei bambini…Il destino segnato per lui dai sicari della mafia dei tappeti ne farà un simbolo, il primo a ricevere alla memoria nel 2000 il World’s Children’s Prize, premio per i Diritti dei bambini.

Il libro si ispira fedelmente alla vita di Iqbal, facendola però raccontare da un personaggio immaginario, Fatima, una ragazzina ormai sedicenne che da piccola era stata schiava con lui ed altri, nominati nel romanzo: Maria, Alì, Salman… Reali sono invece altre figure importanti nella vicenda: Hussain Khan, il padrone della fabbrica e dei piccoli operai, e Eshan Ullah Khan, il sindacalista che aiuterà Iqbal in tutta la sua battaglia diventando per lui quasi un padre.                                                                                      
“Sì, io ho conosciuto Iqbal” esordisce Fatima nell’incipit, poi col 2°capitolo inizia a narrare con un lungo flashback la storia del suo amico. E’ di Maria, invece, la lettera che chiude il romanzo: scrive a Fatima, che ormai viveva in Europa, dandole notizia di Iqbal, e della sua ultima corsa in bicicletta quel 16 aprile 1995 “quando era andato a passare un po’ di tempo dalla sua famiglia per la Pasqua, una festa che per i cristiani (come Iqbal, ndr) è importante quanto il Ramadan per noi”.  

Sono venticinque anni che Iqbal non c’è più, vent’anni che è uscita questa biografia romanzata, per mantenere vivo il suo esempio: un’urgenza, purtroppo, anche ai nostri giorni, quando nel mondo secondo il rapporto UNICEF sono ancora, più di 150 milioni i minori schiavi, violati nei loro più elementari diritti. A tal proposito,  risulta molto utile agli insegnanti la Postfazione dell’autore che – pur necessitando di qualche aggiornamento nei dati forniti - offre diversi spunti didattici di approfondimento sul lavoro minorile. Un romanzo-verità che appassiona, commuove e sconvolge, sul valore della libertà, della giustizia e della memoria. Se una bella storia suscita il piacere di leggere, una storia vera e bella, seppur drammatica come questa di Iqbal, può dare anche di più ai nostri lettori, suoi coetanei: incontrarlo in queste pagine da un lato allarga lo sguardo sulla tragica realtà del lavoro minorile, dall’altro illumina la realtà di piccoli eroi che senza tanto clamore mediatico arricchiscono il mondo con la loro sola esistenza.                                                                                                                                                
Ci auguriamo che conoscerne uno di nome Iqbal Masih faccia venir voglia anche ai nostri ragazzi di essere più veri, di essere migliori.


A cura di:           

LAURA BELLAVITE è nata a Milano nel 1955. Qui laureata alla Cattolica, poi insegnante di lettere nella secondaria di I grado – per quindici anni nell’hinterland milanese, a Quarto Oggiaro, poi in zona Fiera-Sempione – attualmente , da ‘pensionata’, continua l’impegno in ambito educativo/didattico come volontaria presso la onlus PORTOFRANCO, centro di aiuto allo studio rivolto a studenti delle superiori. Collabora altresì con un doposcuola parrocchiale e nella gestione della Biblioteca nell’istituto statale in cui ha insegnato fino al 2017.

CDOLogo DIESSEDove siamo