LA RAGAZZA DELL'ECO

Autore: Lauren Wolk

Salani Editore - marzo 2022 - € 16,90

Pagine: 397

Target: da 12 anni

 

“La prima persona che salvai fu un cane.”: con questa affermazione di Ellie, protagonista e io narrante del romanzo, prende avvio una storia molto originale e capace di tenere viva l’attenzione del lettore fino all’ultima pagina. Non tragga in inganno il paragone iniziale di un cane con una persona, non è un libro di esaltazione superficiale del mondo animale e di tutto ciò che è “green”. Si tratta, molto più significativamente, della storia di una ragazzina di dodici anni che (oltre ad aver sottratto alla morte il suo cagnolino) si prende cura di due persone e riesce a salvarle; Lauren Wolk ha scelto di anticipare il fundus della sua narrazione sin dalla prima riga, perché è ciò che mette in moto Ellie,  conducendola a compiere scelte e azioni molto coraggiose.

IL LUOGO E IL TEMPO

Siamo nel 1934 nel Maine, lo stato degli USA situato nell’estremo nord-est, al confine con il Canada e bagnato dall’Oceano Atlantico Settentrionale. Siamo negli anni della Grande Depressione, provocata dal crollo della Borsa di Wall Street del 1929, e la famiglia di Ellie, dopo aver perso tutto (risparmi, casa e lavoro), è costretta  ad abbandonare la città per andare a vivere sulle pendici di Echo Mountains, dove i boschi garantiscono risorse naturali per sopravvivere e spazio per ricostruirsi una dimora. 

Ed è così che il padre, affermato sarto con bottega, la madre, insegnante di musica, la sorella quindicenne Esther, il fratellino di sei anni Samuel ed Ellie si ritrovano a vivere nelle privazioni fino a qualche anno prima inimmaginabili: “Una volta arrivati nella nostra piccola porzione di montagna, legammo le nostre nuove mucche, ammucchiammo le nostre cose sotto un telone per proteggerle dalle intemperie e vivemmo in una tenda sbilenca mentre costruivamo la nostra baita. […] La nostra prima primavera a Echo Mountains la passammo umidi, sporchi, stanchi e affamati”.  Nella suddivisione dei compiti la figlia mezzana diventa la principale aiutante del papà, e in poco tempo apprende l’arte di procurarsi carne, legna da ardere, pesci, pellicce, miele, raccogliere erbe medicinali e un’infinità di altre cose legate a un mondo senza elettricità, acqua e gas.

FARE È VIVERE

Questo ritorno “obbligato” ad una economia preindustriale segna profondamente l’esistenza degli abitanti di Echo Mountain e lottare per sopravvivere diventa la condizione prioritaria per tutti, anche i più piccoli.

Nella narrazione, talvolta minuziosa, di come i personaggi mettono mano alle cose concrete e di come se la cavano nella vita pratica - capacità molto spontanea nella nostra Ellie - emerge uno dei temi fondamentali del romanzo: la vita è fare, esistere è agire.

La protagonista ha solo dodici anni, ma ha imparato tantissime cose seguendo, ascoltando e osservando suo padre e, quando questi rimarrà completamente inattivo per diversi mesi a causa di un gravissimo incidente, sarà in grado di sostituirlo in molte mansioni quotidiane. “Ci sono poche cose a questo mondo più preziose del fuoco – aveva detto mio padre – e puoi accendere tutti i fuochi che vuoi, se sai come si fa. È questo il segreto di tutto, sapere come si fa. […] Ma lo imparerai meglio facendolo. […] Mio padre mi aveva insegnato a preparare l’esca per il fuoco, ma dovetti  rifarlo da sola prima di impararlo davvero.”

 Anche nelle situazioni nuove e inaspettate, in lei emergono un impeto e un coraggio significativi, esito di una profonda organicità tra ciò che prova, ciò che pensa e ciò che fa. Non c’è stacco tra istinto/sentimento, ragione/intelligenza e iniziativa, né alcuna distinzione di tipo gerarchico: in Ellie sentire, pensare e agire sono parti di un’unica sequenza. “Mi guardai intorno nella baita. C’era una vecchia distesa sul suo letto, priva di sensi, brulicante di larve, in un nugolo di mosche. E poi c’ero io, nessun altro. Mi sarei messa all’opera. Avrei fatto il possibile. E poi avrei fatto anche quello che mi pareva impossibile, prima di cercare un altro aiuto.” […] Era una cosa che potevo fare, perciò l’avrei fatta.”[…] Ma soprattutto, volevo farla. Volevo farla così come volevo stare fuori all’aria di primavera. Far crescere cose. Crescere.”

Attraverso la narrazione delle vicende di questa famiglia di “nuovi pionieri”, l’autrice spiega fino in fondo il segreto del diventare grandi: l’azione, non solo interviene sulla concretezza e la modifica, ma poi ritorna sul soggetto e gli permette una verifica di ciò che ha pensato e giudicato, consegnandogli, alla fine, una maggiore consapevolezza di sé e della realtà. “Scoprii in seguito che avevo ancora molto da imparare anch’io.” […] “Non potevamo ancora saperlo. Non ancora. Ma c’erano altre cose che sapevo. Che Quiet (il cagnolino) era mio. E io ero sua. E che lì, intenta a macinare granoturco, così vicina che potevo toccarla, c’era la mamma che mi era tanto mancata. La mamma che era tornata da me, a poco a poco, in questi ultimi giorni difficili e meravigliosi. Ed era così vicina, ora, perché le ero andata incontro a metà strada”.

Certo che il diventare grandi facendo da mattina a sera, come avviene nella protagonista del romanzo, è lontano anni luce da come trattiamo oggi bambini, adolescenti e giovani: se va bene, ci fermiamo alla loro prima reazione psicologica e poi offriamo decaloghi e spiegazioni che, invece di rilanciare nella realtà, li rendono ancora più incerti e insicuri.

 L’ECO E LA FIAMMA

“Anch’io per molti versi ero strana. […] Ero una ragazza in cui tutto echeggiava. […] Come mio padre, amavo i boschi. Fin dall’inizio noi due eravamo felici della nostra vita allo stato brado. […] E amavo le sensazioni che la montagna suscitava in me. Non potevo farci niente”. Ellie vive una sintonia particolare con ogni elemento della natura, che si tratti di piante, animali, pesci o insetti: di ciascuno di essi è come se percepisse il valore del loro esistere, quasi fossero persone. Riconosce il loro essere necessari al mondo, per questo ha un profondo rispetto per tutta la natura e utilizza solo ciò che serve al sostentamento della propria famiglia. Nessuno distruggerebbe ciò che è risorsa vitale per sé.

Accanto all’amore per la natura, in lei convive una tensione a voler scoprire, capire, approfondire, sia nei confronti della realtà e delle persone che già conosce, sia verso tutto ciò che è nuovo. E a questa inesauribile energia interiore – che è la molla della giovinezza - dà il nome di fiamma: “La fiamma che mi illuminava la via mi infondeva un senso di verità. E di coraggio.” […] “Così decisi di ascoltare la fiamma nel petto, che sospirava, ruggiva e poi sospirava di nuovo come un lungo brano musicale che conoscevo a memoria e tuttavia mi sembrava di ascoltare per la prima volta.”

“La ragazza dell’eco” ci parla in particolare di come è fatta l’età della giovinezza: una voglia irrefrenabile di mordere la vita e di cambiare pelle, di essere attratti dal mondo adulto e mettersi subito alla prova. È l’urgenza di trovare una propria collocazione, scoprire l’utilità di sé al mondo, e, come scrive la Wolk, ciò può accadere solo dando retta a quella “fiamma” che brucia dentro.

Nel romanzo sono presenti anche altri aspetti significativi, primo fra tutti il profondo affetto che lega i tre ragazzi ai genitori e tra di loro: è un legame che supera qualsiasi difficoltà materiale o incomprensione, anche la più grave. La famiglia è la vera casa, la dimora da costruire insieme e nella quale trovare riparo.

Sono presenti anche alcuni elementi negativi, quali la solitudine, il senso di colpa, l’accusa ingiusta, il pregiudizio, ma lo svolgimento della trama riesce a risolverli e a mostrare la loro utilità al raggiungimento del bene finale. E sì, “La ragazza dell’eco” ha una conclusione degna del grande romanzo: tutto si risolve e si ricompone nella scoperta di una bontà più grande. E ciò accade anche per Larkin, sua madre e sua nonna Cate, gente provata dal dolore ed emarginata dagli abitanti di Echo Mountain: l’incontro con Ellie, permette loro di ritrovare un bene per sé, in grado di rimarginare le ferite dei loro cuori.

“Sapevo che la vita era fatta di momenti concatenati come gocce di pioggia. Cercare di toccare una goccia alla volta, di contarle, di ordinarle o di stimarne il valore – a una a una – era impossibile. Non si poteva fare altro che stare sotto la pioggia. Esserci dentro. Ed era ciò che avrei fatto.


A cura di:           

Sergio Fanni. Laureato all’Università degli Studi di Milano, ha insegnato Lettere nella secondaria di I grado di Santo Stefano Ticino (MI) dal 1983 al 2005 e, successivamente, nell’Istituto “San Girolamo Emiliani” dei P.P. Somaschi di Corbetta (MI). Dal settembre 2021 è felicemente in pensione e prosegue il suo impegno educativo/didattico come volontario presso l’istituto di Corbetta.

 

 

 

 

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