VISITANDO IL MUSEO DELLE BELLE ARTI

“Miss Gee guardò in alto la luce delle stelle
E disse, ‘ A qualcuno interessa
Che io viva in Clavedon Terrace
Con cento sterline all’anno?’”

E’ una strofa della poesia, una ballata, Miss Gee, su cui mi riprometto di tornare, ma al momento mi interessa sottolineare due cose, la miseria delle cento sterline all’anno, e qui emerge subito l’attenzione del poeta , W. H. Auden, per la condizione degli umili e dei poveri. Ma non sarà sfuggito il vero senso di quella domanda, c’è qualcuno a cui io interesso?

Questo tema, vero tema della strofa citata, ritorna e si sviluppa in una famosa poesia di Auden, Musée des Beaux Arts, cioè il Museo delle Belle Arti di Bruxelles, di cui il poeta ricorda una visita. Non è la prima volta che un’opera d’arte risveglia all’improvviso la vena di uno scrittore e di un poeta. In questo caso la composizione ruota intorno a un dipinto di Brueghel il Vecchio, La Caduta di Icaro, e a una Natività, sempre dello stesso maestro.

All’inizio abbiamo subito una affermazione assai definitoria nella sua tristezza,

“Sulla sofferenza non si sono mai sbagliati,
I Vecchi Maestri: molto bene hanno compreso
La sua umana posizione; come accada
Mentre altri mangiano o aprono una finestra o semplicemente camminano
Oziosi;

Nell’Icaro di Brueghel, per esempio, “come tutto volti semplicemente le spalle al disastro

Qui bisognerebbe aver presente, sott’occhio, la tela di Brueghel. Il disastro è la caduta di Icaro nel mare. Ma il fatto è raffigurato in un angolo della tela, in piccolo, e di Icaro scorgiamo appena una gamba che sta per essere risucchiata dalle onde. Per il resto la tela si compone di un paesaggio nordico, ricco  di scene e figure a cui spesso Brueghel ci ha abituato. Ma lasciamo la sofferta descrizione alle parole del poeta,

“l’aratore forse
ha sentito lo splash, il grido disperato,
ma per lui non si trattava di un fallimento importante; il sole splendeva
come di dovere sulla bianca gamba che scompariva nell’acqua
verde; e la ricca delicata nave che doveva aver visto
qualcosa di stupefacente, un ragazzo che cadeva dal cielo,
aveva dove andare e continuò a veleggiare tranquilla.

Con questi versi si conclude la poesia. La scomparsa di Icaro, con tutto quello che questa figura del mito rappresenta, l’avventatezza, sì, della gioventù, ma anche il desiderio di salire più in alto, di scoprire, di librarsi e liberarsi, ecco, il destino di Icaro si compie nell’indifferenza di tutto e di tutti. Semplicemente, “tutto volta le spalle al disastro”.

La solitudine della persona, l’indifferenza che la circonda, è un tema caro a Auden e torna spesso nelle sue poesie, nella sua scrittura apparentemente dimessa, a volte quasi una prosa intima e desolata. Auden scopre l’uomo nella fragilità di Icaro ma soprattutto nella sua solitudine e nell’indifferenza che lo circonda, indifferenza delle persone ma anche delle cose, del cosmo, direi, e qui penso al sole che continua a splendere.  Una parola andrebbe detta, infatti,  sugli altri agonisti della composizione, l’aratore, la nave con i suoi marinai, il sole. Per l’aratore la morte di Icaro non è un suo fallimento, non è qualcosa che lo tocchi. Il suo compito è arare, deve pur mangiare, ma lo sguardo sulla realtà tutta intera non fa per lui. Anche la nave con il suo equipaggio ha un porto dove andare e non ha tempo, pare, per altro, per stupirsi di un ragazzo che cade nel mare.

Il poeta osserva, quasi ammutolito, quanto la vita, il dipinto qui, gli comunica. Osserva e sembra non aver nulla da aggiungere. Ma ci comunica la sua scoperta. Avverte in qualche modo il bisogno di qualcosa che faccia alzare gli occhi, che ci ricordi che non tutto è compiuto con le cose, tutte le cose, che dobbiamo o vogliamo fare. C’è di più, ci ricorda con Icaro, e per questo penso che forse il ragazzo  riuscirà a tornare fuori dalle onde del nulla con l’aiuto di Qualcuno.

 

Per leggere la poesia, in lingua originale:  http://english.emory.edu/classes/paintings&poems/auden.html

pagina in cui è presente anche una fotografia del dipinto di Brueghel.

 

W.H. Auden (1907-1973), poeta e drammaturgo, nasce a York. Studia anche a Oxford, dove si fa conoscere come figura leader del gruppo The New Country Group, chiamato non a caso anche Auden Circle. Si occupa di letteratura e si interessa di psicanalisi. Viaggia molto, e rimane affascinato dal teatro di Brecht e dalla filosofia marxista. Partecipa alla guerra di Spagna come volontario barelliere. Dal 1956 al 1961 è Professor of Poetry a Oxford.


A cura di:

Marco Grampa

Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano, dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.
Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.
Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.

 

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