FRANKENSTEIN, di Mary Shelley

I Grandi Libri Garzanti, p. 256 , € 8,00

 

 

TERRIBILE, MODERNO PROMETEO (prima parte)

 

   Sainte-Beuve, letterato e critico letterario francese di inizio ottocento, sosteneva che per comprendere un testo bisognava conoscere la biografia dell’autore. Da allora la critica letteraria ha fatto passi giganteschi, trovando e usando tecniche e strategie che hanno segnato in particolare la prima parte del novecento. Tuttavia, di fronte a un romanzo come Frankestein; o il moderno Prometeo, viene naturale la curiosità di conoscere qualcosa dell’autrice, Mary Shelley, e di avvicinare il mondo che in qualche modo l’ha formata e accompagnata verso la creazione di una simile opera.

   Il romanzo si inserisce a pieno titolo nel corso della narrativa  di fine settecento e inizio ottocento che si è soliti definire romanzo nero, o gotico, con opere avvolte da nubi di mistero, di ignoto, di horror.

   Ma partiamo da Mary. Nasce a Londra nel 1797 da  Mary Wollstonecraft e William Godwin. La madre fu una antesignana del femminismo, autrice di un testo famoso,  A Vindication of the Rights of Woman. Morì qualche giorno dopo aver dato alla luce Mary, ma è certo che la figlia abbia poi avuto modo di leggere e studiare gli scritti della madre, aiutata anche molto probabilmente dal circolo letterario che le ruotava intorno.

  Il padre fu un intellettuale anarchico, repubblicano e radicale, libraio ed editore, la cui opera più famosa è  Inchiesta sulla giustizia politica. Intorno al padre si formò, anche se non in modo stabile, un circolo di intellettuali e poeti. Mary partecipò di questa atmosfera di intenso lavoro letterario e di riflessione. Questo circolo vide la frequentazione di poeti quali Coleridge e Shelley. E con il giovane Shelley fu amore. Shelley a quel tempo era già sposato, e i due lasciarono l’Inghilterra e  si spostarono in Europa. La vita certamente non fu facile per loro. Shelley era rampollo di una famiglia di piccola nobiltà, ma la fuga dei due non fu accettata dalla famiglia di lui, che gli tagliò i fondi. Peraltro nemmeno il padre di Mary, pur avverso a ogni forma di vincolo civile o religioso, la accettò. I due innamorati tornarono in Inghilterra ma il fascino dell’Europa li avrebbe poi ripresi.

   In uno dei viaggi furono accompagnati dal poeta Byron, e con Byron si stabilirono per alcuni mesi nelle campagne attorno a Ginevra, a ridosso delle Alpi. Byron apparteneva alla nobiltà inglese e prese in affitto un castello sul lago. I due Shelley, Mary e Percy, si accontentarono di una casetta. In uno dei loro incontri,  è la stessa Mary a dircelo, si stabilì un accordo, una sorta di gara: tutti e tre avrebbero dovuto scrivere un romanzo di carattere misterioso, di paura, di fascino gotico, e avrebbero poi giudicato quale fosse il migliore, per avviarlo alla pubblicazione. Ma i due uomini furono presto stanchi di questo impegno e preferirono dedicarsi a escursioni in montagna e viaggi. La giovane Mary, da poco madre, impossibilitata a muoversi, fu l’unica a concludere l’impegno, e fu Frankenstein.

   Il romanzo è una di quelle opere che hanno segnato non poco l’immaginario dell’occidente europeo. Basti pensare a quante creazioni cinematografiche ha favorito, quante citazioni in serial televisivi, in opere letterarie e in canzoni.

   Quanto il clima montano, spesso rude, quanto l’asprezza dell’ambiente, la forzata solitudine, la mancanza di rapporti consueti abbiano contribuito all’atmosfera  del romanzo, non è difficile intuirlo. Ma partiamo dal titolo. Frankestein come moderno Prometeo. Questa è nella mitologia greca una figura tragica, ma da cui venne un bene per l’umanità. Mentre il dottor Frankenstein, il giovane scienziato Frankestein, crea un essere mostruoso, che si rivelerà fonte di male, un assassino vendicativo. Il tema della creazione ha molto affascinato gli scrittori romantici. E qui penso in particolare a Blake, a Wordsworth, allo stesso Shelley. Di fronte alla realtà, soprattutto quella della natura, con la sua forza vitale, non poteva non sorgere la domanda sull’origine, sul chi ne fosse l’autore, e del senso di tutto nel rapporto con l’individuo.

   Il Romanzo. Dopo intensi studi di carattere scientifico in varie università europee, il giovane dottor Frankenstein, servendosi delle conoscenze acquisite e in particolare sull’elettricità, riesce a portare alla vita una creatura assemblata con membra tolte da vari cadaveri. Ho accennato prima al tema della creazione, della vita. Subito ne appare un altro, quello della scienza e della tecnica. Per inciso, sappiamo che il giovane Shelley aveva fatto studi di filosofia della scienza. Mary e Percy si erano interessati ai lavori sul galvanismo, sulla possibile rianimazione della materia, ad opera di autori quali Erasmus Darwin e il medico italiano Berlinghieri. Questo ci suggerisce quanto la vita di Mary Shelley fosse intessuta di rapporti con pensatori tra i più vari, e non solo letterati e filosofi.  La giovane partecipava di intensi scambi con personalità di varia preparazione e cultura, e in questo riprendeva quanto appreso fin da piccola.  Penso alla riflessione filosofico-letteraria del padre e agli scritti della madre, Mary non fu voce isolata, ma  era ben inserita nelle dinamiche culturali del tempo.

E’ questo anche il periodo della rivoluzione industriale in Inghilterra, basti pensare all’invenzione del telaio meccanico e allo sviluppo della ferrovia. L’Inghilterra si copre del fumo del carbone usato nelle innumerevoli fabbriche, spesso con uno scempio dei paesaggi agresti, con la trasformazione delle genti di campagna in operai e poi in disoccupati. In qualche modo pare che questo sviluppo venga già percepito dall’autrice come ambiguo, può aiutare la vita, ma può dare la morte. Se questo è vero, Mary Shelley anticipa di decenni alcune riflessioni sulle conseguenze della rapida industrializzazione che troviamo in produzioni di fine ottocento. Interessante in questo senso è una delle prime avventure della Creatura portata in vita da Frankenstein. Fuggita dal laboratorio scientifico, sua culla, potremmo dire, si inoltra nella campagna e nei boschi e ne scopre, meravigliato, tutta la bellezza, tutta la libertà. Questo percorso della Creatura, che esce dal laboratorio e si addentra nel mondo “reale”, ci prepara ad altri due temi fondamentali del romanzo.

 


A cura di:

Marco Grampa

Laurea in Lingue e Letterature moderne presso IULM di Milano. Insegnante al Liceo Classico Crespi di Busto Arsizio per 20 anni, per otto anni presso il Liceo Scientifico Tirinnanzi di Legnano, dove ha operato come senior manager per scambi culturali con istituti australiani, portoghesi e USA.
Traduttore di opere soprattutto di carattere letterario da paesi di lingua inglese, in particolare africani.
Autore di racconti e brevi saggi per riviste locali.

 

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